Il Museo Nori De’ Nobili raccoglie in un percorso organico le testimonianze artistiche di oltre quarant’anni di attività di Nori De’ Nobili, pittrice eclettica la cui esistenza è stata segnata dalla malattia e dalla solitudine.
Eleonora De’Nobili nasce a Pesaro il 17 dicembre 1902 da Carlo De’ Nobili, Ufficiale di Artiglieria e Luisa Augusti, imparentata con i Castracane, eredi del Cardinale Antonelli.
Aveva trascorso insieme alla famiglia parte dell’infanzia in un clima di tranquillità a Brugnetto di Ripe, nella bellissima casa nota come “Villa Centofinestre”, costruita dallo stesso Cardinale Antonelli nel 1730. Nel 1917, con la madre, la sorella Bice e il fratello Alberto, si era trasferita a Fano per continuare gli studi ginnasiali, iniziati a Viareggio. Aveva dimostrato attitudini particolari per il disegno e per il pianoforte. Nel 1920 aveva seguito a Roma il padre, per affinare gli studi delle lingue e del disegno nel collegio inglese “Stella Viae”.
Nel 1924 era approdata a Firenze con tutta la famiglia, trovando un clima adeguato alle sue aspirazioni artistiche. Aveva frequentato lo studio del macchiaiolo Ludovico Tommasi, seguace di Silvestro Lega. Si era avvicinata ai fondatori del movimento del Novecento e al gruppo di Strapaese, rappresentato da Ottone Rosai e Mino Maccari.
Un improvviso e forzato distacco da questo ambiente l’aveva così provata da condurla nella clinica Villa Rosa a Bologna.
Nel 1933 dopo la morte del fratello Alberto e il peggiorare delle condizioni di salute della madre, a cui era particolarmente legata, era aumentato il suo distacco dalla vita e dalla società. Completamente chiusa e rifugiata nella sua arte, aveva continuato a dipingere con assidua quotidianità, passando da una clinica all’altra, sino al ricovero a Villa Igea di Modena, dove muore il 2 giugno del 1968.
...Il Museo Nori de’ Nobili ospita un’ampia selezione delle opere della pittrice ed è composto da cinque stanze ognuna delle quali rappresenta un periodo specifico della vita di Nori. La prima sala contiene le opere giovanili in cui sono evidenti i riferimenti agli affetti familiari, come un quadro che in cui è ritratto il fratello e sullo sfondo si vede la Villa Castracane di Brugnetto, tanto cara a Nori e alla a sua famiglia.
Questo primo periodo rappresenta anche quello in cui Nori sta ancora cercando la propria voce poetica, un periodo in cui sperimenta tecniche e supporti, passando dai ritratti ai paesaggi con una vivezza di colori ed immagini che segneranno tutto il suo percorso artistico.
Nella seconda sono presenti le opere dei primi anni della maturità, quegli anni trascorsi da Nori a Firenze a contatto con un clima artistico ed intellettuale a lei molto confacente. In questo periodo i soggetti dei suoi quadri cambiano e Nori oltre a continuare a dipingere i paesaggi di Firenze e della Toscana inizia a dipingere anche le scene di vita quotidiana prese per lo più nei bar e nei luoghi di ritrovo.
La terza sala ospita al suo interno i dipinti risalenti al periodo durante il quale la pittrice aveva lasciato Firenze con la sua famiglia e da subito ne aveva risentito, da qui un trasferimento e ricovero presso una casa di cura di Bologna. Da questo momento la vita della pittrice resta indissolubilmente legata alle case di cura e agli ospedali psichiatrici, dove essa trascorrerà tutto il resto della sua vita continuando a dipingere giorno dopo giorno.
Le restanti due sale ospitano quadri che rappresentano sia autoritratti che scene in cui la pittrice si ritrae con personaggi particolari, come clowns e musicisti. Ogni opera è la manifestazione particolare e precisa di uno stato d’animo, una sorta di diario visuale che scandaglia l’inconscio di Nori e ci accompagna lungo un percorso vorticoso e tormentato per concludersi con due piccole tele di significato inequivocabile.
Infatti anche se la pittrice trascorse gran parte della vita tra case di cura e manicomi continuò a dipingere per lo più autoritratti o ritratti in cui il contesto era sempre altro rispetto all’ambiente ospedalizzato delle case di cura. Significativi appunto gli ultimi due dipinti dell’ultima sala che ritraggono alcune figure evanescenti in un ambiente simile a quello che potevano essere i sanatori dell’epoca. In questi dipinti si intravede una figura di donna martirizzata, piegata su se stessa dalle sue stesse sofferenze e debolezze. Un ultimo dipinto, il più piccolo presente nella collezione, è un quadro che è stato ribattezzato “L’anima di Nori che sale in cielo”.
Un dipinto in cui un’esile figura dipinta di rosso sangue si assottiglia ancora di più per toccare e raggiungere il cielo come una figura che provi con tutte le sue forze a toccare qualcosa di lontano e irraggiungibile, metafora della condizione della pittrice che per tutta la sua vita, nonostante le sue condizioni psichiche, continuò a dipingere come strenuo gesto e tentativo folle di raggiungere qualcosa che era lontano, aldilà delle sue stesse capacità, che è il significato stesso dell’arte.